"La piccola fiammiferaia"

Hans Christian Andersen

E’ tra le fiabe più apprezzate di Hans Christian Andersen, pubblicata in Danimarca nel 1848, in uno dei suoi volumi dal titolo "Nuove fiabe".

Faceva un freddo terribile, nevicava e calava la sera - l'ultima sera dell'anno, per l'appunto - la sera di San Silvestro. In quel freddo, in quel buio, una povera bambinetta girava per le vie, a capo scoperto, a piedi nudi. Veramente, quand'era uscita di casa, aveva certe babbucce; ma a che le eran servite? Erano grandi grandi - prima erano appartenute a sua madre, e così larghe e sgangherate, che la bimba le aveva perdute, traversando in fretta la via, per scansare due carrozze, che s'incrociavano con tanta furia... Una non s'era più trovata, e l'altra se l'era presa un monello, dicendo che ne avrebbe fatto una culla per il suo primo figliuolo.

"Nessuno seppe tra quanta luce era entrata,
con la vecchia nonna, nella gioia della nuova Alba..."

[foto di Giuseppe Savoca s.j.]

E così la bambina camminava coi piccoli piedi nudi, fatti rossi e turchini dal freddo: aveva nel vecchio grembiale una quantità di fiammiferi, e ne teneva in mano un pacchetto. In tutta la giornata, non era riuscita a venderne uno; nessuno le aveva dato un soldo; aveva tanta fame, tanto freddo, e un visetto patito e sgomento, povera creaturina... I fiocchi di neve le cadevano sui lunghi capelli biondi, sparsi in bei riccioli sul collo; ma essa non pensava davvero ai riccioli! Tutte le finestre scintillavano di lumi; per le strade si spandeva un buon odorino d'arrosto; era la vigilia del capo d'anno: a questo pensava.

Nell'angolo formato da due case, di cui l'una sporgeva innanzi sulla strada, sedette abbandonandosi, rannicchiandosi tutta, tirandosi sotto le povere gambine. Il freddo la prendeva sempre più, ma non osava tornare a casa: riportava tutti i fiammiferi e nemmeno un soldino. Il babbo l'avrebbe certo picchiata; e, del resto, forse che non faceva freddo anche a casa? Abitavano proprio sotto il tetto, ed il vento ci soffiava tagliente, sebbene le fessure più larghe fossero turate, alla meglio, con paglia e cenci.

Le sue manine erano quasi morte dal freddo. Ah, quanto bene le avrebbe fatto un piccolo fiammifero! Se si arrischiasse a cavarne uno dallo scatolino, ed a strofinarlo sul muro per riscaldarsi le dita... Ne cavò uno, e trracc! Come scoppiettò! come bruciò! Mandò una fiamma calda e chiara come una piccola candela, quando la parò con la manina. Che strana luce! Pareva alla piccina d'essere seduta dinanzi ad una grande stufa di ferro, con le borchie e il coperchio di ottone lucido: il fuoco ardeva così allegramente, e riscaldava così bene!... La piccina allungava già le gambe, per riscaldare anche quelle... ma la fiamma si spense, la stufa scomparve, - ed ella si ritrovò là seduta, con un pezzettino di fiammifero bruciato tra le mani.

Ne accese un altro: anche questo bruciò, rischiarò e il muro, nel punto in cui la luce batteva, divenne trasparente come un velo. La bambina vide proprio dentro nella stanza, dove la tavola era apparecchiata, con una bella tovaglia d'una bianchezza abbagliante, e con finissime porcellane; nel mezzo della tavola, l'oca arrostita fumava, tutta ripiena di mele cotte e di prugne. Il più bello poi fu che l'oca stessa balzò fuor del piatto, e, col trinciante ed il forchettone piantati nel dorso, si diede ad arrancare per la stanza, dirigendosi proprio verso la povera bambina... Ma il fiammifero si spense, e non si vide più che il muro opaco e freddo.

Accese un terzo fiammifero. La piccolina si trovò sotto ad un magnifico albero, ancora più grande e meglio ornato di quello che aveva veduto, a traverso ai vetri dell'uscio, nella casa del ricco negoziante, la sera di Natale. Migliaia di lumi scintillavano tra i verdi rami, e certe figure colorate, come quelle che si vedono esposte nelle mostre dei negozii, guardavano la piccina.

Ella stese le mani... e il fiammifero si spense. I lumicini di Natale volarono su in alto, sempre più in alto; ed ella si avvide allora ch'erano le stelle lucenti. Una stella cadde, e segnò una lunga striscia di luce sul fondo oscuro del cielo.

"Qualcuno muore!" - disse la piccola, perchè la sua vecchia nonna (l'unica persona al mondo che l'avesse trattata amorevolmente, - ma ora anche essa era morta,) la sua vecchia nonna le aveva detto: "Quando una stella cade, un'anima sale a Dio."

Strofinò contro il muro un altro fiammifero, che mandò un grande chiarore all'intorno; ed in quel chiarore la vecchia nonna apparve, tutta raggiante, e mite, e buona...

"Oh, nonna!" - gridò la piccolina: "Prendimi con te! So che tu sparisci, appena la fiammella si spegne, come sono spariti la bella stufa calda, l'arrosto fumante, e il grande albero di Natale!" - Presto presto, accese tutti insieme i fiammiferi che ancora rimanevano nella scatolina: voleva trattenere la nonna. I fiammiferi diedero tanta luce, che nemmeno di pieno giorno è così chiaro: la nonna non era stata mai così bella, così grande...

Ella prese la bambina tra le braccia, ed insieme volarono su, verso lo Splendore e la Gioia, su, in alto, in alto, dove non c'è più fame, nè freddo, nè angustia, - e giunsero presso Dio.

Ma nell'angolo tra le due case, allo spuntare della fredda alba, fu veduta la piccina, con le gotine rosse ed il sorriso sulle labbra, - morta assiderata nell'ultima notte del vecchio anno. La prima alba dell'anno nuovo passò sopra il cadaverino, disteso là, con le scatole dei fiammiferi, di cui una era quasi tutta bruciata. "Ha cercato di scaldarsi..." - dissero. Ma nessuno seppe tutte le belle cose che aveva vedute; nessuno seppe tra quanta luce era entrata, con la vecchia nonna, nella gioia della nuova Alba.

Il vero fuoco (Commento di Sonia Andreoli)

In apparenza solo freddo, solitudine, gelo… ma la bambina non si avvilisce: sa che c’è stato qualcuno, nella sua difficile esistenza terrena, che l’ha amata: la sua cara anziana nonna… Ma ormai anche lei non c’era più… a confortarla erano rimasti solo pochi fiammiferi, però la durata del fuoco del fiammifero è breve, non è certo in grado di scaldare per molto tempo…

Quel minimo di tepore però le consente di "astrarsi"… "Allucinazioni" causate da un inizio di assideramento, diremmo considerando solo lo stato fisico della piccola fiammiferaia…

In una notte dove tutti "festeggiano" felici (o almeno in apparenza tali…) lei è sola, stanca, il destino sembra essersi fatto beffe di questa "povera" bambina, facendole perdere anche le pantofole tanto più grandi dei suoi piedini…

Ma c’è una Presenza… seppur non si vede… Qualcuno che le sta riservando un futuro tanto diverso da quello triste che sembra prefigurarsi la piccola…

La sua cara nonna sta venendo a prenderla… ma non scomparirà come il resto delle visioni avute in merito ad eventi più "materiali"…

La piccola fiammiferaia mentre "La sua cara nonna sta venendo a prenderla…"

La prenderà per mano conducendola dove non ci sarà più posto per il freddo, né per il dolore, né per la solitudine: ad una "nuova Alba", finalmente in Cielo!

Non chiedeva tanto la bambina: solo di essere amata, ma neanche il padre le mostrava affetto, infatti lei si preoccupava di esser maltrattata tornando a casa senza aver venduto i fiammiferi…

Ma c’era il vero Padre che non l’avrebbe mai dimenticata, che ascoltava il suo grido di aiuto e le stava riservando, senza che lei lo sapesse, una vera felicità…

Non solo un "bagliore", non solo una luce passeggera che, una volta spenta, non illumina più, né quando è infuocata, riscalda a lungo, bensì un vero "fuoco" ardente di gioia…

"Ora parla il mio diletto e mi dice:
"Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
Perché, ecco, l'inverno è passato,
è cessata la pioggia, se n'è andata;
i fiori sono apparsi nei campi,
il tempo del canto è tornato
e la voce della tortora ancora si fa sentire
nella nostra campagna.
Il fico ha messo fuori i primi frutti
e le viti fiorite spandono fragranza.
Alzati, amica mia,
mia tutta bella, e vieni!
[Dal Cantico dei Cantici 2, 8-14]

Quanto poco conta tutta la sofferenza patita, se la si rapporta al vero Bene, che si raggiunge solo sperimentando questa condizione umana nell’amore per Dio e servendo, in nome Suo, il prossimo…!

Hans Christian Andersen – Nota biografica

Hans Christian Andersen nacque nel 1805 in un quartiere povero di Odense, in Danimarca, e tutta la famiglia viveva in una unica stanza. Già da bambino la sua salute era cagionevole, e passava molto tempo a leggere, mostrando una vivace capacità fantastica e immaginativa.

Hans Christian Andersen
(1805 - 1875)

Il padre morì quando aveva undici anni, il giovane Andersen si trasferì allora a Copenaghen per lavorare come garzone e poi operaio, esposto però alle angherie e scherni dei compagni di lavoro, che prendevano di mira il suo aspetto macilento. Il suo carattere divenne introverso, lasciò quel tipo di lavoro e decise di tentare la carriera artistica come ballerino e attore.

Riuscì a inserirsi come soprano nel Teatro Reale Danese (Kongelige Teater), ma poiché dopo qualche tempo la sua voce cambiò di tono fu costretto a dimettersi. Fu allora che, dietro incoraggiamento di un collega di teatro che vedeva in lui un talento come poeta, si indirizzò verso la scrittura.

Ebbe modo di conoscere il re Federico VI, che lo apprezzò al punto da iscriverlo a sue spese in una buona scuola di grammatica e latino. Il suo carattere introverso, i suoi modi giudicati effeminati, e quello che veniva giudicato un suo scarso impegno nello studio, gli resero la vita difficile, e difatti Andersen ha parlato di questo periodo come "buio e amaro".

Ancora una volta fu bersaglio degli scherni dei compagni, cui si aggiunse il disprezzo da parte del preside, che apertamente gli diceva di prevedere per lui una vita inconcludente: "Sei un ragazzo stupido, non combinerai mai niente di buono!". Tutto questo lo portò a trattare, nella sua attività letteraria, il tema della "diversità" che crea emarginazione non meritata (come nella celebre favola del "brutto anatroccolo".

Andersen non volle mai sposarsi, anzi scrisse nel suo diario di aver deciso fin da ragazzo di non avere rapporti sessuali, segno di quella emarginazione sentimentale che è un tema ricorrente nelle sue opere, compreso il suo celebre scritto "La sirenetta", in omaggio al quale il governo danese commissionò quella scultura (rappresentante appunto una giovane sirena) che è ormai un omaggio indelebile al suo talento artistico e un riferimento per ogni turista che visiti la Danimarca.

Andersen intraprese un viaggio per l’Europa, visitando anche Roma. Pochi anni dopo iniziò a pubblicare i suoi volumi di fiabe. Questi scritti sono oggi considerati autentici capolavori, ma all’inizio non incontrarono subito il successo che meritavano.

Tuttavia Andersen era già celebre in gran parte d'Europa. In occasione di un suo viaggio in Inghilterra ebbe un’ottima accoglienza e conobbe lo scrittore Charles Dickens, che lo ospitò per oltre un mese. Sembra che Andersen abbia ispirato Dichens per Uriah Heep, uno dei personaggi di "David Copperfield".

Ha scritto tre autobiografie, una delle quali ha un titolo significativo: "La mia fiaba personale", ed ha redatto un diario quotidiano che ci è rimasto e comprende 12 volumi. Nel 1872, in seguito ad una caduta, le sue condizioni di salute peggiorarono progressivamente, finché morì il 4 agosto 1875, presso Copenaghen.

Le fiabe di Andersen hanno inciso molto nella cultura europea, suscitando molti apprezzamenti non certo solo nei ragazzi ma nei lettori di ogni età, che hanno compreso il loro profondo significato simbolico, a sua volta collegato con importanti valori della tradizione cristiana.

Si tratta oltretutto di racconti originali, creati cioè dalla sua fantasia, mentre si è fatto osservare che altre fiabe molto conosciute, come quelle dei fratelli Grimm, sono adattamenti o rielaborazioni di fiabe popolari risalenti addirittura alla letteratura greco-romana.

In Danimarca, ormai da tempo, Hans Christian Andersen è considerato il più grande scrittore della letteratura danese. La sua opera fa ormai parte della migliore produzione letteraria a livello internazionale.

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