Ricordando Franco Ferrovecchio
artista e amico di Santa Scorese

Dino Tarantino

"Ci benedica il Signore, fonte della vita" (Giovanni 1, 14).

Nota introduttiva (Egidio Ridolfo s.j.) - Nel novembre 2002 Franco Ferrovecchio, apprezzato artista e docente all'Accademia di Belle Arti di Napoli, ci donò una incisione che aveva realizzato in omaggio a Santa Scorese, da lui ben conosciuta fin da bambina, essendo amico della famiglia, che frequentava assiduamente a Palo del Colle (Bari). L'incisione è ispirata a una delle più conosciute "poesie-preghiera" di Santa, e la ponemmo in questo sito a commento proprio di questo testo ("Ti sento... ti lodo...ti ringrazio, Signore!...").

Acquaforte-acquatinta di
Franco Ferrovecchio

Santa viene vista dall'artista come un piccolo "fiore di campo", che nella sua semplicità dà lode al Signore ed esprime una gioia che "contagia" e si propaga in quel prato simbolico dove ogni fiore rappresenta un'anima. Immagine tra l'altro che - anche se non sappiamo se Santa ne era consapevole - richiama il celebre inizio della "Storia di un'anima" di S.Teresa di Gesù Bambino (Teresa di Lisieux).

In quell'occasione ci parlò con nostalgia, ma anche con entusiasmo, di questa ragazza che per tanti versi aveva imparato ad apprezzare, e ci espresse il suo dolore alla notizia dell'assalto mortale che pose fine alla vita terrena di Santa, quel 16 marzo del 1991. Una morte violenta, ma che in Santa si configura, per chi conosce il suo precedente iter esistenziale, quale autentico "martirio", ovvero, secondo l'etimologia del termine, "testimonianza" di fedeltà a Cristo fino all'effusione del sangue. Un evento che Santa in qualche modo intuiva da tempo come possibile, ma che non la fece recedere dal suo proposito e dalla pratica aperta della propria fede.

Santa era nipote del prof. Dino Tarantino, docente di latino e greco nei licei. E' da lui che ricevette in regalo quel grosso quaderno nelle cui pagine - all'insaputa di tutti - scrisse il suo "diario spirituale", ben lungi dall'immaginare che i suoi pensieri, sfoghi, riflessioni (in verità di grande sincerità e profondità), potessero aiutare, come sta avvenendo, tanti giovani che lottano per trovare un "senso" alla loro vita, una "roccia" cui ancorarsi, che Santa identificava nelle "parole di vita" del Vangelo di Gesù.

Lo scorso 4 luglio Franco Ferrovecchio è stato chiamato dal Signore, mentre era ancora nel pieno della sua attività di docente e di artista. Il prof. Tarantino, amico dello scomparso, ha voluto dedicare a lui una composizione in versi molto significativa e ne traccia un breve profilo biografico.


Dino per Franco

Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe
l’informe rincorsi, l’anima mundi,
la primordiale natura del Bello.
Indagai ciò che per l’universo si squaderna
nella variegata fenomenologia creaturale
per estrapolare dalla realtà la filigrana,
le intime vibrazioni della terra,
la policromia dei prati, il respiro del mare,
i riverberi del sole, i palpiti del cielo.
Ma quando le cose visibili 
a dileguarsi iniziarono agli occhi miei,
chiaro mi fu come forma non s’accorda
molte fiate a l’intenzion de l’arte.
I miei occhi si tesero acuti a traguardar le invisibili,
disiando liberarmi dall’involucro che m’avviluppava.
Ardente bramai di librarmi in volo
puro e disposto a salir a le stelle
ché noi siam vermi nati a formar l’angelica farfalla,
che vola a la giustizia sanza schermi.
Quando al Massimo Artista piacque,
fui saettato nell’eterna luce
con altre anime trasumanato
ché lì ogni forma sembiante è annullata
nello splendore che ciascuno spirito si raggia dintorno,
in esso celandosi quasi animal di sua seta fasciato.
Qui i nostri corpi diafani che non hanno colore
sebben accolgano in sé tutti i colori
tripudiano in un mare di viva luce.
Li nostri affetti, che solo infiammati
sono nel piacer de lo Spirito Santo,
letizian del suo ordine formati.
O Somma Luce che tanto ci inebri,
rallegra dei mortali i giorni tetri,
consola degli inermi il triste pianto,
trasforma i loro sospiri in canto,
e fa che la sfavillante tua gloria
possa tramandar a futura memoria.

Un recente ritratto fotografico di Franco Ferrovecchio, realizzato da Giuseppe Savino


Profilo biografico

Il 4 luglio scorso si è spento, dopo lunga malattia, il professor Francesco Ferrovecchio. Aveva 62 anni. Era ordinario di Tecniche dell’Incisione presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli.

Si può dire che sia caduto in cattedra. Dopo le ultime vacanze di Natale, era appena rientrato a Napoli da Palo del Colle (Bari), il suo paese di residenza. Aveva insegnato e lavorato per tutto il giorno in Accademia. Il male in agguato (un’emorragia celebrale) lo sorprese in albergo, inerme, dotato solo di quelle ultime strazianti urla che richiamarono l’attenzione dei vicini di stanza e del receptionist. Era il 14 gennaio.

Il seguito è un tutto un vorticoso susseguirsi di eventi, una corsa disperata a sottrarlo a un destino particolarmente accanito con lui. L’intervento d’urgenza presso l’Ospedale S.Giovanni Bosco di Napoli, i 40 giorni di coma farmacologico, il trasferimento al Miulli di Acquaviva delle Fonti, i lievi ma significativi segni di miglioramento, il ritorno a casa, le altalene delle riprese e delle ricadute, i tentativi di riabilitazione, il precipitare delle cose, il ricovero all’ospedale di Grumo Appula, il decesso, il 4 luglio scorso.

Oltre che docente stimato e amato, artista affermato, intellettuale impegnato, Ferrovecchio è ricordato da tutti per le sue doti di bontà, altruismo, disponibilità, l’impegno culturale e sociale testimoniate con l’esemplarità di vita e la pregnanza del suo messaggio artistico nel corso della sua intensa e infaticabile attività, prodigandosi con spirito di abnegazione e autentico slancio ideale per la una società più giusta e solidale.

Metteva le sue competenze professionali e artistiche a disposizione di centri ed enti per il recupero di ragazzi con problemi e disagi. È stato tra i soci fondatori dell’Istituto per la Grafica di Merano; uno degli animatori della Scuola di arti e mestieri “Danilo Dolci” di «Gettini di Vitalba» di Crotone; ha collaborato con l’Associazione “Roberto Boccafogli” di Milano; ha tenuto stage e corsi di Arteterapia presso la “Pro Civitate Christiana” di Assisi; era attivo in molte scuole di Napoli e provincia con laboratori di incisione.

Noi lo ricordiamo anche perché era un abituale frequentatore della Chiesa del Gesù Nuovo e perché era molto legato a Santa Scorese. Come zio di Santa posso definirlo un caro amico di famiglia, sempre vicino nei momenti tristi e lieti. A Santa volle dedicare un ex libris in occasione della prima edizione del suo Diario spirituale, Vorrei avere le ali di un’aquila (Bari 1997).


E-mail: gesunuovo@yahoo.it

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