Carlo Urbani Elisabetta Nardi - Egidio Ridolfo s.j. |
Carlo Urbani: una vita solidale -- Una Scuola intolata a Carlo Urbani -- Messaggio ai ragazzi della madre di Carlo -- Breve biografia -- Scritto di Carlo Urbani in memoria del Parroco Don Dino -- Intervista alla madre di Carlo Urbani -- Pensieri di Carlo Urbani -- Poesia in memoria di Carlo Urbani
Intervista a Maria Scaglione, madre di Carlo Urbani,
a cura di Elisabetta Nardi e Luciana Vissani
* Per che cosa si impegnava Carlo Urbani e per quali obiettivi?
Nell’ultima lettera dal Vietnam Carlo scrive: "Sono cresciuto inseguendo i sogni ed ora credo di esserci riuscito." - "Non so come ringraziare Dio per ciò che mi ha concesso".
Carlo ha avuto una vita coerente nell’impegno, nel volontariato per i più deboli. Se la sua vita fosse stata legata solo all'evento della malattia il suo ricordo non sarebbe durato nel tempo così tanto, sono i valori che ha lasciato Carlo che ce lo rendono ancora presente.
Carlo ha dato la vita per cercare di avvicinarsi ai popoli più deboli, più indifesi. Ha avuto una visione più grande, la fede ha allargato il suo orizzonte (suonava l’organo in parrocchia, era consigliere di minoranza), ha iniziato un cammino di solidarietà con i campi di lavoro di Mani Tese, dei missionari saveriani.
Ha creato un ponte tra la Mauritania e Castelplanio, perché lui riusciva a coinvolgere sempre i suoi amici ed i suoi paesani quando raccontava le sue esperienze ed il suo desiderio di far del bene a quella gente. Carlo coinvolgeva, condivideva, faceva comunione con chi poteva, era proiettato verso i popoli dimenticati, quelli che non fanno notizia, per i quali non si parla di guerra come sopravvivenza quotidiana, erano i diritti di tutta l’umanità che interessavano a Carlo.
* Come è nato in Carlo il desiderio di essere medico?
Carlo ha sempre avuto il desiderio di fare il medico: già da bambino, con l’orsacchiotto, faceva il medico nei giochi.
* Quali erano le sue letture preferite?
Carlo leggeva di tutto: Gandhi, Albert Swartz, e tutto ciò che nutriva i suoi sogni, era nato con i suoi sogni.
* C’è stato un fatto, un’esperienza che ha fatto maturare in Carlo la decisione di dedicare la sua vita ai più bisognosi?
No. E’ stata una crescita armoniosa, sollevava lo sguardo e vedeva oltre; da studente raccoglieva le medicine e le portava in Africa, in Mauritania, e queste sue esperienze le faceva vivere alla comunità, creando un legame vivo fra Mauritania e Castelplanio, come quando fece una raccolta di quaderni per questo paese.
* Chi è stata la guida spirituale di Carlo? Da chi ha ereditato il sentimento religioso?
Io e mio marito eravamo credenti praticanti, portavamo Carlo con noi alle cerimonie religiose, come fanno tanti altri genitori. E' stato importante il rapporto col il parroco di Castelplanio, Don Dino Garbini, un sacerdote semplice, morto nel 2001. Carlo scrisse di lui: "Ricordo il Vangelo letto da Don Dino, la sua semplicità essenziale nello spiegare come il Signore si rivolge ai poveri. La fede di Don Dino mi ha accompagnato nel tempo."
D’estate Carlo andava a suonare l’organo nella chiesa di Don Dino, il quale lo apostrofava dicendo: "Bravo, bravo, Carletto!" Poi Carlo era diventato medico e Don Dino suo paziente. I frutti si colgono con il tempo, per Carlo la religione significava vivere cristianamente, non esserlo nell’aspetto esteriore. Carlo era solito recitare un’Ave Maria prima di dormire, ricordando i visi dei bambini visti e ringraziando Dio per ciò che gli permetteva di realizzare.
* Sono stati pubblicati dei testi autografi di Carlo?
Il Dott. Marco Albonico ha raccolto le lettere scritte da Carlo e quelle a lui indirizzate, ne è uscito un bel libro edito da Feltrinelli: Le malattie dimenticate.
* Che carattere aveva Carlo?
Carlo era umile, schivo, non amava che si parlasse di lui, ma era una voce: "Bisogna far conoscere i problemi dei più lontani", soleva ripetere.
* Quale è stato un particolare riconoscimento dato a Carlo che lei ricorda particolarmente?
Io sono di Catania, e lo scorso anno sono andata a Pozzallo, il paese di Giorgio La Pira (in provincia di Ragusa), a ritirare la "palma della pace" data a Carlo.
* Come ha vissuto Carlo il momento in cui si è reso conto di avere una malattia mortale?
All'inizio i miei familiari non mi hanno detto nulla sul fatto che la SARS lo avesse colpito, ma quando vidi che i miei tre nipoti, i figli di Carlo, erano ritornati da soli in Italia, pensai che c'era qualcosa che non andava, ma certamente non pensavo a qualcosa di così grave.
Mi hanno detto che Carlo ha vissuto la malattia con la consapevolezza del medico. Quando i colleghi gli dicevano che la febbre si era abbassata, lui non si fece illusioni, sapeva che la malattia non lo avrebbe perdonato. Poco prima di morire ha voluto incontrare un religioso.
* Che ricordo ha lasciato Carlo nei figli?
Il figlio più grande ha respirato la figura del padre, vuol fare medicina e seguirne l’esempio, ma in questo momento ci sono le emozioni… poi si vedrà!
il virus della polmonite atipica (SARS). |
* Come è riuscito Carlo a conciliare il suo lavoro di medico, di padre di famiglia e di benefattore?
Qualche suo collega era convinto che i figli non sono da far vivere in determinati ambienti, ma Carlo non era di questo parere ed ha trovato una donna che la pensava allo stesso modo, permettendogli di realizzare i suoi sogni. La famiglia quindi si muoveva unita, la moglie ed i figli lo hanno sempre seguito, anche all'estero, per cui è vero quanto è stato espresso nel titolo di un articolo su Carlo: "In Cambogia, una famiglia in missione".
* Carlo ebbe mai il sentore di morire giovane?
Carlo scrisse in una lettera: "Il lavoro mi coinvolge, ma sento la vita scorrermi addosso e non so se potrò realizzare tutto, ringrazio Dio per quanto mi ha dato"!
* Che ricordo le rimane di Carlo? Quale ritiene sia stato il suo testamento spirituale?
Penso alla vita di Carlo come ad una vita che continua, altrimenti il ricordo di quanto è successo sarebbe terribile…
Carlo è stato un uomo di pace, un granello portatore di pace, di amore per l’umanità, testimone della pace che si trasmette agli altri. Quando si dona si riceve molto.
Dopo la sua morte abbiamo creato un’associazione, l’AICU, di cui io sono socia fondatrice e la moglie di Carlo presidente. L’associazione ha il compito di continuare il cammino che Carlo ha intrapreso.
L’obiettivo primario di questa associazione è quello di preparare il personale medico e paramedico privilegiando persone che siano originarie dei luoghi dove si opera, attraverso corsi di specializzazione. La prima esperienza in tal senso si è svolta a Macerata, e a promuoverla fu lo stesso Carlo.
[Intervista realizzata a Castelplanio - prov.di Ancona - il 30 maggio 2004]
Pensieri di Carlo Urbani,
dal CD realizzato da Paolo Urbani, estrapolati da Patrizia Crocetti
L'ideale
"Sono cresciuto inseguendo il miraggio di incarnare i sogni. Ed ora credo di esserci riuscito. Ho fatto dei miei sogni la mia vita."
Desiderava che i suoi figli conoscessero "la vita dei poveri" e divenissero "consapevoli dei grandi orizzonti che li circondano…" |
Il viaggio
"Non ho mai viaggiato per scommessa o per dimostrare coraggio…" - "Il viaggio l’ho sempre interpretato come conoscenza, scoperta…" - "Poco importava se arrivassi in posti perché audace o perché ben informato…" - "Importante era scoprire e conoscere!"
"Per me vivere all’estero deve essere una testimonianza di barriere abbattute."
Il lavoro
"L’aiuto di Medici Senza Frontiere arriva dovunque ci siano vittime e dove la nostra presenza, come testimoni e portavoce di queste popolazioni inascoltate, possa migliorare le condizioni di vita e salvaguardare i diritti fondamentali."
"Salute e dignità sono indistinguibili nell’essere umano; il nostro impegno è restare vicini alle vittime, tutelare i loro diritti, lontani da ogni frontiera di discriminazione e divisione." - "E poi raccontare, urlare le privazioni dei diseredati, la lontananza degli esclusi, indicare in abusi e violenze i veri terremoti contro cui è davvero difficile, se non impossibile, costruire argini o rifugi."
"Nella vita sono sempre più esigente. La superficialità mi è diventata intollerabile, l’indifferenza mi fa diventare quasi violento…"
"Io per una dolorosa passione e romanticismo continuo a credere che si possa dire: 'questo è sbagliato', o 'questo fa schifo' senza titubare…"
"Occorre saper distinguere dove il Bene sta, e dove il Male si annida. Le altre letture più equilibrate e moderate mi sembrano sempre più gravi ipocrisie…"
"A tutto si tenta di trovare giustificazione, sia nei fatti gravi che nel quotidiano…" - "Io invece sono con quelli che dicono che l’Afganistan non si bombarda, che il morto americano vale esattamente quanto l’ignoto pastorello irakeno, e il resto vale per Israele e gli abusi commessi in Palestina."
"Se è facile essere al fianco di popolazioni vittime di catastrofi naturali, diventa però molto complicato essere al fianco di quelle la cui vita è messa in pericolo dall’uomo stesso."
"Sento l’amore per idee e persone spingermi, e farmi sentire il dovere di conoscere i problemi, proporre soluzioni, ed adoprarmi per trovare il sostegno economico."
"Mi capita di fare viaggi 'sul terreno', come diciamo in gergo. Lì trovo l’essenza del mio lavoro, sento l’odore della povertà e della privazione che alimenta, come benzina, il fuoco che anima la mia passione."
i miei dolci colli delle Marche..." (Carlo Urbani) |
"Anni di sacrifici mi permettono oggi di vivere vicino ai problemi, a quei problemi che mi hanno sempre interessato e turbato." - "Quei problemi oggi sono anche miei, in quanto la loro soluzione costituisce la sfida quotidiana che devo accettare…"
"Il sogno di distribuire accesso alla salute ai segmenti più sfavoriti delle popolazioni è diventato oggi il mio lavoro."
La famiglia
"Se sto in Vietnam mi piace mangiare vietnamita, essere loro ospite quando capita, scoprire i loro costumi e cultura e a questo abituare i miei figli." - "La gioia della vita, il godere di quanto ogni orizzonte dischiude, l’offrirlo ai figli, eccitarmi per nuove scoperte, gioire della condivisione…"
"Godevo al vedere i miei figli dentro capanne affumicate, a curiosare tra il nulla che costituisce la vita dei poveri…" - "E in quei problemi crescerò i miei figli, sperando vederli consapevoli dei grandi orizzonti che li circondano…" - " E magari vederli crescere inseguendo sogni magari irraggiungibili, come ho fatto io…"
Le origini
"Sto in Vietnam, pur se continuo a sognare i miei dolci colli delle Marche."
[dal CD realizzato da Paolo Urbani, fratello di Carlo]
Poesia in memoria di Carlo Urbani
di Diego Federico Porfidi
Diego Federico Porfidi frequenta la classe I C nella Scuola Media di Pollenza (Macerata). Questa poesia è stata premiata al concorso "Una poesia per l'infanzia", di S.Angelo in Pontano (Macerata) e letta dallo stesso Diego alla mamma di Carlo Urbani in occasione della dedicazione della Scuola Primaria di Casette Verdini.
Questa poesia, i tanti cartelloni esposti, i disegni realizzati con tecniche particolari, testimoniano l'interesse dei ragazzi, stimolato dagli Insegnanti dell'Istituto Comprensivo Statale "Monti" di Pollenza, per la figura di Carlo Urbani, visto non semplicemente come medico, ma come una persona che con coraggio ha voluto donarsi completamente agli altri, al servizio "appassionato" dei più poveri e lontani.
Offrire la propria mano ai malati, specie ai bambini, è questo l'aspetto colto con particolare efficacia da questa poesia di Diego, insieme al rimpianto per un amico perduto, ma con la speranza che altri prendano il suo posto, che poi era il desiderio di Carlo Urbani.
Un desiderio che ora trova sempre più concreto riscontro. Ad esempio l'Ospedale di Macerata, dove Urbani ha esercitato la sua professione per qualche tempo, ha voluto dedicare a lui il reparto di malattie infettive, e la Giunta Regionale delle Marche ha istituito delle borse di studio in sua memoria, sempre per la formazione nell'ambito delle malattie infettive e tropicali. Così scriveva Urbani dall'Estremo Oriente:
"Nella vita credo di aver saputo distinguere gli indizi che mi hanno guidato fino a qua, e per arrivarci ho anche accettato di affrontare burrasche e scogli, ma ora non chiederei di meglio dalla vita".
Il piccolo vaga Vivo è |
Diego Federico Porfidi, autore della poesia, |
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Parte II |
"Il Gesù Nuovo" |