Itinerario spirituale di Santa Scorese - 1

Giuseppe Micunco

Lettere prima del Diario : "Vorrei essere sempre luminosa" * Diario: fino agli esami di Maturità (1) : Un linguaggio biblico - "Grazie perché mi ami" - La presenza del Signore - L'esperienza GEN * Diario: fino agli esami di Maturità (2) * Dalla Maturità fino alla fine del Diario (1) * Dalla Maturità alla fine del Diario (2) * Dalla Maturità alla fine del Diario (3) * Dalla Maturità alla fine del Diario (4) * Lettere dopo il Diario

Nota: Questo testo è pubblicato - come introduzione e commento - nell'edizione ufficiale e integrale degli Scritti di Santa Scorese (Diario, Corrispondenza e Appunti vari), pubblicata a cura della Diocesi di Bari, che ha introdotto la Causa di Beatificazione celebrando il Processo Diocesano. L’edizione è stata affidata alla Stilo Editrice con il titolo: "L'attirerò; a me" - Scritti spirituali di Santa Scorese, Bari, 2000.

Lettere prima del Diario

"Vorrei essere sempre luminosa."

È il desiderio, il proposito che percorre le lettere a don Rosario e a Luisa Guglielmi precedenti l'inizio del Diario (1). Un desiderio-proposito che appare straordinario per la sua chiarezza, una chiarezza che sembra essere dono dello Spirito piuttosto che solo il frutto di una maturazione umana, poco spiegabile in una ragazza di 13-14 anni, che non ha fatto, peraltro, grosse esperienze ecclesiali (ha frequentato l'oratorio salesiano; è stata nel coro parrocchiale; ha un confessore fisso di cui è contenta).

Luminosità esteriore

"Essere luminosa". Santa non si riferisce tanto e soltanto, o prima di tutto, ad una luminosità esteriore, ma non disprezza nemmeno quella: tiene, anzi, alla sua forma fisica (vedi il dispiacere per vari disturbi fisici e le medicine che deve prendere; non le dispiacerebbe dimagrire...); tiene anche all'apprezzamento (e quanto!) soprattutto dei professori a scuola, ma anche di parenti e amici (se scordano il suo compleanno...): una ragazza "normale", ma che tiene a questa luminosità esteriore per la coscienza che ha di quanto lei valga e sia preziosa, non lei in quanto Santa, ma lei in quanto persona, donna, credente; il riconoscimento sociale, diciamo così, che chiede, è quello che ritiene si debba dare a tutti senza distinzioni di nessun tipo; è l'immenso valore della persona, che tutti dovrebbero rispettare come sacro (se la prende con chi non vorrebbe che frequentasse un amico solo perché il padre "è un contadino e vende le verdure al mercato"), anche se non ha le sue idee o è un ateo materialista (se la prende anche con i preti: "bisogna rispettare colui che ti vive affianco", scrive riferendosi all' "odio contro i marxisti" predicato da un sacerdote: "non che io lo sia", precisa Santa, ma appunto...). Ed è un rispetto della persona che non può venire solo da convinzioni culturali, ma sembra espressione concreta del comandamento di "amare il prossimo", anche "i nemici".

A questo "amore" è improntato anche il suo comportamento con professori e compagni non credenti a scuola, con la capacità di saper distinguere l'errore (che riprende apertamente senza mezze misure) dall'errante (a cui dà affetto e aiuto, anche in situazioni in cui sarebbe prudente star fuori). Un rispetto che vorrebbe vedere anche nelle omelie, non sempre alla portata dell'interlocutore (troppo dotte per un'assemblea della parrocchia di un quartiere popolare...).
Un rispetto che non vede in qualche professore che tratta a pezze da piedi gli studenti (ne conosciamo...).

Luminosità interiore

La cultura e lo studio. Santa non separa mai le due cose. Colpisce soprattutto il modo di vedere lo studio. Le piace studiare; ma, prima ancora che scuola ed esami, lo studio per lei è "cultura": "la cultura è un grosso tesoro che nessuno può rubarti" (sembra mettere insieme il detto del libro della Sapienza: "la Sapienza è un tesoro inesauribile (2) e il Vangelo: "procuratevi piuttosto tesori nel cielo, dove i ladri non rubano" (3); e aggiunge con determinazione: "Io voglio avere questo tesoro!": a 14 anni!

Se la prende con i professori che, per la preoccupazione di "finire il programma", non spiegano bene, a scapito della qualità. Si dispiace per qualche compagno in difficoltà e si propone di aiutarlo, ma non perché possa superare gli esami, ma perché possa farsi una sua cultura personale, anche se poi non proseguirà negli studi.

Si decide, dopo lunghi e seri ripensamenti, per il liceo classico, nonostante il parere diverso della famiglia che vedrebbe più opportuno un corso di studi con sbocco più facile nel mondo del lavoro: ma anche qui, non è la strada più 'prestigiosa' ad allettarla, bensì le più ricche possibilità culturali (e non mancheranno i sacrifici).

Il sociale, la sofferenza, la morte. È preoccupata della sua crescita complessiva (quante volte ripete: "voglio crescere"), e prima di tutto come donna ("voglio essere una vera donna"), ma nel suo "io profondo": espressione impressionante, lo ripeto, per una ragazzina di scuola media! Vuole essere una donna attenta al mondo che la circonda.

Di una attenzione che, prima ancora che di impegno esterno (non mancherà nemmeno quello: presto sarà tra le pioniere della Croce Rossa; già progetta che si iscriverà a Medicina), è fatta di interrogativi, di riflessioni: soprattutto sul dolore, e sul dolore innocente: perché un tumore (ha uno zio con quel male), un terremoto (quello della Lucania), le violenze in Polonia? E sulla morte, non come fatto esterno, sociologico, ma come "meta definitiva", fino a prendere in considerazione il senso della propria morte. In ogni caso mai assolutamente con espressioni di rassegnazione o di passiva accettazione.

Dimostra, anzi, sempre un forte attaccamento alla vita: la sua è quasi una ribellione di fronte al dolore e alla morte, ma è una ribellione di fede, che può ricordare Giobbe o Gesù nel Getsemani; è l'impotente angoscia dell'uomo di fronte al mistero del dolore innocente: "Ecco mi sento un po' come Gesù nel Getsemani", scriverà più tardi nel diario. E colpita a morte, dirà: "Ho solo 23 anni, non posso morire così!". Non è un non accettare il dolore e la morte ("da essa", scrive a 13 anni, "non potrà che venire fuori solo luce"), ma è un non arrendersi al potere della morte, è un desiderare la Vita, e "in abbondanza".

Fede e pratica religiosa. Riflette anche sulle pratiche di fede, soprattutto sulla 'verità' con cui si vivono momenti liturgici (lo scambio della pace, ad esempio) e formule di preghiere (il Padre Nostro, ad esempio), sul modo di fare l'omelia; fino a far propria l'espressione di Paolo "per me vivere è Cristo (4): "Ho riflettuto molto sulla vita, come realmente questa è vissuta da me e quando faccio diventare la mia vita come quella di Cristo". Vuole "vedere la vita in un'altra dimensione", avere "più fiducia in Dio".

Luminosa sempre

L'avverbio non è lì per caso: è un impegno di assoluto: si propone di cogliere il lato buono in tutto ciò che accade, di avere sempre gli occhi aperti su tutto ciò che "serve per crescere"; di chiedersi ogni sera nell'esame di coscienza: "cosa ho fatto di bene per me e per gli altri?". Registra spesso tristezza, solitudine, incomprensione, ma anche segni di amicizia, di attenzione. Sente che sta "maturando". Sente che "il piccolo bocciuolo piano piano sta aprendo la corolla".

Particolarmente dalle lettere a Luisa Guglielmi si comincia a intravedere il tormento d'amore che più apertamente si leggerà nel Diario. Crescono le difficoltà esterne, fino a farle provare quasi una crisi di identità ("chi sono?"). Cresce anche la sua fiducia in Dio: "l'unico punto saldo che ho è Dio, che c'è sempre", "tutto quello che ho di più caro", e si propone di trovarlo in tutti, di accettare "le briciole della vita" per metterle insieme.

Il Diario - fino agli Esami di Maturità - 1

Un linguaggio biblico

Anche se nelle Lettere ci sono elementi già chiari della spiritualità di Santa, è indubitabile che, fin dalla prima pagina di Diario, troviamo un linguaggio nuovo e da ora, in maniera definitiva, il linguaggio dell'amore. Si avverte che Santa sta avendo delle esperienze spirituali; ha incontrato persone e gruppi ecclesiali, ha ascoltato delle meditazioni sulla Scrittura. Non che nelle Lettere non si avvertisse il profumo della Parola di Dio... ma ora tutto il linguaggio ne è intessuto, al punto che è difficile distinguere le espressioni bibliche dal resto. Di espliciti riferimenti a passi della Scrittura, riportati cioè tra virgolette, ne abbiamo quattro:

"Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io
lo amerò e mi manifesterò a lui" (Giovanni 14, 21)
[Foto: Elisabetta Nardi]

- "A chi mi ama mi manifesterò" (Gv 14,21);
- "Non tentare il Signore Dio tuo" (Mt 4,7);
- "Madre, ecco tuo figlio" (cfr. Gv 19,26);
- "Io ho vinto il mondo" (Gv 16,33).

Appare subito una predilezione per il Vangelo di Giovanni, l'evangelista del precetto nuovo dell'amore, di Dio Amore. Una predilezione che appare soprattutto nel linguaggio in cui tante volte ricorrono le espressioni:

- "Dio amore" (cfr. 1 Gv 4, 16),
- "fare unità" (cfr. Gv 17,23),
- la "gioia piena" (Gv 17,13).

Ma tante sono le citazioni spontanee dall'Antico Testamento:

"Dio mette alla prova" (cfr. Gen 22,1, per Abramo, ad esempio);

"cuore di carne"; "cuore nuovo" (Ez 36,26);

e soprattutto dal Nuovo:

- "morire a se stessi" (Mt 10,39);
- "nulla è impossibile a Dio" (Mt 19,26);
- "amare i nemici" (Mt 5,44);
- "vivere l'attimo presente" (cfr. Mt 7,34);
- "amare più Dio che il padre e la madre" (Mt 10,37);
- "Gesù in mezzo" (Mt 19,20);
- "servi inutili" (Lc 17,10);
- "preziosi ai tuoi occhi" (cfr. Mt 6,26);
- "Dio prima di tutto" (Mt 6,33);
- "la pagliuzza e la trave" (Mt 7,3);
- "fare tutto in rendimento di grazie" (1 Cor 10,31).

Altri sono riferimenti a personaggi o fatti della Scrittura:

- la lotta di Giacobbe con Dio (cfr. Gen 32,23 sgg.);
- il giovane ricco (cfr. Mt 19,16-22);
- Maria che fa visita ad Elisabetta (cfr. Lc 1,39 sgg.);
- Maria "desolata" (cfr. Gv 19,25);
- Gesù che parla attraverso le Scritture (cfr. Lc 24,27);
- Maria come modello.

Infine, insieme a quello di Dio amore, l'espressione biblica prediletta da Santa, ma l'abbiamo già notato (e lo noteremo ancora), è quella di "Gesù abbandonato (5). Santa non fa mai apertamente considerazioni di tipo esegetico o teologico in senso stretto; la sua unica cura è parlare d'amore con Dio, con Gesù, e le sue parole sono quasi sempre le parole della semplicità dello Spirito.

"Grazie perché mi ami"

"Dio è amore". Santa ripete tante volte l'espressione di Giovanni "Dio è amore" (6), e dimostra di averla compresa nel suo spessore teologico, anzi teologale: Dio come "agàpe", come fonte prima dell'amore; prima ancora che un Dio da amare, un Dio che ama. Questa consapevolezza, questa certezza suscita in lei una continua onda di gratitudine, di rendimento di grazie, di eucaristia.

Un Dio trinitario. È un amore di Padre, che non guarda ai nostri peccati, ai nostri limiti, alle nostre debolezze ("mi chiedo come fai ad amarmi ugualmente"), come il padre del figliol prodigo (7), che ama sempre anche quando il figlio si crede lontano, mentre lui gli è sempre vicino.

È un amore di Figlio, che si sacrifica sulla croce e sperimenta l'abbandono da parte di tutti, anche degli amici, anche del Padre: "come avrai sofferto quando gli amici ti hanno abbandonato e hai sentito lontano anche il Padre" (8): ma "ho saputo riconoscerti, ti ho amato: tu in quel momento mi hai amato ancora di più".

È un amore di Spirito Santo: un giorno Santa medita sullo Spirito Santo e scrive: "oggi ho incontrato Gesù"; e dice di essere stata "a tu per tu con Dio": Spirito Santo, Gesù, Dio, una pericoresi vissuta, che si fa esperienza reale. È davvero il fiume dello Spirito che la investe; resta estasiata da una frase che un'amica le comunica, una frase che "Gesù aveva detto a una beata: "Tu, fatti capacità, io mi farò torrente"". Santa commenta: "È eccezionale!".

Un amore trinitario, dunque, anzi la Trinità amore. La circolazione di amore tra le tre Persone le si manifesta non astrattamente o sentimentalmente, ma sempre e soprattutto attraverso persone concrete. È incredibile la sua capacità di vedere negli altri l'amore del Padre, la sofferenza del Figlio, la voce dello Spirito.

La tenerezza del Padre. Di una ragazza del gruppo dice: "Sono contenta perché continui a manifestarmi attraverso lei la tua tenerezza per me e io non posso fare altro che dirti che ti adoro e sei il mio Dio amore!".

La sofferenza del Figlio. Di un sacerdote sofferente che celebra la messa dice: "Oggi ho visto un volto di Gesù abbandonato guardando padre Luigi. Si vedeva che soffriva terribilmente, che non riusciva a parlare, ma la Messa l'ha celebrata lo stesso. Per me era un soffrire con lui in quei momenti e mi dicevo: "Ecco è lui che si manifesta! Non avere compassione per il padre, ma amalo!". E veramente è stato un amore il suo dolore perché in quel dolore lui ricordava il Tuo sacrificio e quindi significava amare Te".

La voce dello Spirito. L'invito di una compagna a parlare con un sacerdote è "un segno che il Signore in quel momento voleva parlare proprio con me, non con V. o con altri... In quel momento voleva me e allora ci sono andata".

Crocifisso molto venerato a Palo del Colle, portato ogni anno in processione in un piccolo "Casello" di proprietà della famiglia di Santa Scorese.

La presenza del Signore

Riconosce e incontra il Signore nella Messa, in cappella davanti al Santissimo, nella meditazione sulla Scrittura e nella preghiera, ma il Signore è prima di tutto "presenza" nel suo spirito, una presenza che Santa avverte non in modo sentimentale, ma spirituale e, direi, reale: "Ho sentito fin da stamattina che tu eri presente in me e allora le paure, le angosce, che ieri avevo, sono sparite e mi sono buttata ad amare": ancora la priorità di Dio amore, un amore che, sembra di udire Giovanni, "scaccia la paura" (9). Oserei dire che questa presenza più ancora che nell'eucaristia (ne parla complessivamente poco, ma va sempre anche a messa... anche quando rischia... se salta una messa lo nota sul diario...), la avverte nella fede in un Dio che si è fatto, direbbe S.Agostino, "interior intimo meo". Sappiamo bene come si possano fare tante comunioni e non avvertire o non credere affatto ad una presenza reale in noi...

La presenza del Signore nelle persone. Ma è soprattutto, ancora, nelle persone che Santa vede e vive la presenza del Signore. Con un linguaggio audace e insolito scrive: "Ho vissuto oggi un volto di Gesù Abbandonato": una frase che colpisce anche perché è la prima del Diario e suona come un'antifona. Che significa "vivere un volto"? Si può capire "ho visto un volto di G.A." (10), oppure "ho vissuto l'esperienza di G.A.", ma si può vivere un volto? È certo una straordinaria capacità dello Spirito, un dono genuino dello Spirito a permettere tale intensità di esperienza e di espressione. Una persona che soffre è un "volto di G.A.": nel linguaggio biblico, in cui tante volte ricorre l'invocazione "mostrami, Signore, il tuo volto!", il volto è l'intimo di Dio, quello che Mosè chiede, per un dono speciale, di poter vedere, ma sappiamo come Jahveh pone Mosè nella rupe e gli passa di spalle, perché, gli dice, "il mio volto non lo si può vedere" (11). Gesù ci ha mostrato il volto del Padre: grazie a lui e al dono dello Spirito ci è possibile vivere questa intimità, il volto del Padre, che in Cristo ci appare spesso sfigurato e sofferente, da cui tutti stanno a distanza, che il Padre stesso sembra aver abbandonato.

Non credo sia casuale che il Diario di Santa si apra con questa frase, dal linguaggio profondo, misterioso, "difficile", di sapore biblico e teologico, direi sapienziale. Incredibile, se vogliamo, è che in realtà il volto di G.A. che dice di aver vissuto è quello non di uno che soffre, ma che fa soffrire (un amico che l'ha maltrattata e abbandonata). A prima vista G.A. sarebbe lei, ma con più verità il vero G.A. è chi maltratta, il peccatore, perché Gesù si è fatto peccato; e lei scrive, nella stessa pagina: "Come non amarti negli altri?... Il mio dolore si è trasformato in amore". È facile riconoscere il volto del Signore in chi ci ama, molto più difficile riconoscerlo in chi ci maltratta e ci fa soffrire...

Vivere Gesù Abbandonato sarà una costante della spiritualità di Santa, e una delle costanti più importanti, e sempre più nel senso di vederlo in chi la fa soffrire piuttosto che in lei che soffre: compagni di scuola, amiche che non la capiscono, compagne di esperienze ecclesiali che non vivono nella verità la loro fede...

Molto indicativo, per comprendere l'atteggiamento di Santa, può essere il rapporto con una persona che conosce a scuola, Sestilio, per cui Santa nutre insieme un sentimento di grande stima, di grande ammirazione e apprezzamento soprattutto per la sua umanità e verità (non c'è niente che Santa disprezzi più di una umanità a metà o falsa o superficiale), ma anche di amarezza, per i suoi giudizi anticlericali (contro il Papa che si occupa di genetica, contro la Madonna...), per, talvolta, l'ostentata freddezza nei suoi riguardi... Santa si propone di viverlo e di amarlo come un G.A.

L'esperienza GEN dei Focolari di Chiara Lubich

"Vivere G.A." viene a Santa dall'esperienza GEN (Generazione Nuova dei Focolari di Chiara Lubich) che ha vissuto con particolare intensità tra il 1985 e l'87 (si può dire fino agli esami di maturità; non che in seguito l'abbia messa da parte, ma sono entrate in gioco anche altre esperienze, prima fra tutte quella con le Missionarie dell'Immacolata "P. Kolbe"); è stata a varie Mariapoli, ha conosciuto Chiara Lubich, ne ha sentito il fascino dolce; ha fatto parte del complesso musicale canoro "GEN 2"; esprime spesso il desiderio di entrare a far parte di un Focolare.

Dall'esperienza GEN e dalla spiritualità dei focolarini vengono a Santa espressioni che ricorrono spesso nel Diario, come "Dio-Amore", "vivere l'Ideale", "vivere l'Unità", "vivere con G.I.M. (= Gesù in mezzo)", "vivere come Maria", "vivere l'attimo presente", espressioni che si ritrovano in pubblicazioni del Movimento dei Focolari, come L'unità è la nostra avventura (Città Nuova editrice): troviamo, ad esempio, nelle parole di Chiara, "Dio-Amore come ideale della mia vita" (p.5); "G.A., chiave dell'unità, segreto di ogni rinnovamento" (p.39); "la preghiera per l'unità, riportata nel Vangelo di Giovanni (cfr. Gv 17)... doveva essere la 'magna charta' della nostra vita" (p.59); "il carisma dell'ideale dell'unità" (p. 28); "là dove si è riuniti nel nome di Cristo (cfr. Mt 18,20) Egli è presente... non solo nei Tabernacoli ... ma anche fra noi tutti, anche in mezzo a noi, suo popolo" (p.67)...

Ma Santa dà a tutte queste espressioni un sapore originale e, soprattutto, una verità di esperienza, una serietà di donna matura. Direi che la sua originalità è nell'essere riuscita a fare la sintesi di queste diverse realtà dello Spirito, a farle diventare sapienza di vita, non esperienza di pochi momenti della giornata, ma respiro quotidiano.

Note:

1. Può essere utile premettere alcune considerazioni, tratte dalle lettere scritte prima dell'inizio del Diario (6 agosto 1986), perché vi è già, in qualche modo delineata con chiarezza, la spiritualità di Santa. Dividerò l'analisi del Diario in due parti: I. fino agli esami di maturità; II. dagli esami fino alla conclusione (26 agosto 1989). Aggiungerò qualche considerazione tratta dalle Lettere scritte dopo la conclusione del Diario.
2. Sap 7,14.
3. Cfr. Mt 6,20.
4. Fil. 1,21.
5. Dai discepoli, cfr. Mt 26,56; dal Padre, cfr. Mt 27,46.
6. 1 Gv 4,16.
7. Cfr. Lc 15, 11 sgg.
8. Cfr. Mt 27,45; Sal 88,9.
9. 1 Gv 4,18.
10. Scriveremo d'ora innanzi G.A. (Gesù abbandonato), come troviamo scritto in genere nel Diario.
11. Es 33,23.

Seconda parte

E-mail: gesunuovo@yahoo.it

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